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Vasca corta – Intervista a Stefano Morini, tecnico federale della FIN e responsabile del centro federale di Ostia

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Foto Gian Mattia D'Alberto / LaPresse

Nella vasca da 25m aspetti tecnici, come la virata, la spinta, scivolamento in acqua e la fase di sprint diventano naturalmente più importanti. Come si lavora su queste azioni nella fase di preparazione per un incontro in vasca corta?

Gli allenamenti pre-gara di vasca corta dovrebbero essere sostanzialmente uguali a quelli di vasca lunga. Non dovrebbero esserci grandi differenze né ci si dovrebbe focalizzare sul miglioramento di un aspetto tecnico ben specifico. È ovvio che nelle competizioni in piscine da 25m sia più facile ottenere un tempo complessivo più basso, anche per via della riduzione della distanza percorsa in vasca tra una virata e l’altra.  Queste gare devono, quindi, rappresentare una sorta di banco di prova delle proprie prestazioni in acqua, in vista dei successivi campionati in vasca lunga, veri eventi per decretare successi e notare l’ascesa dei campioni. Per questo, sono volutamente posizionate all’inizio della stagione, nei primi due mesi del ciclo agonistico. Quello che si andrà a preparare con maggiore accortezza e con un’ottica di lungo termine saranno, dunque, gli eventi estivi.

In quale altro elemento la preparazione per un evento in vasca corta differisce da quelle per un evento in vasca lunga? 

È indubbio che nella vasca corta si ponga, ad esempio, più attenzione alla virata e alla subacquea, che possono aiutare l’atleta nel recupero accelerare le sue fasi di spinta e scivolamento in acqua. Non bisogna, tuttavia, stravolgere i propri piani di allenamento utilizzando come parametro performante la lunghezza della vasca: quello che conta, infatti, è che l’atleta automatizzi la propria tecnica per essere più fluido, avere una visione panoramica e agire velocemente.

Quali sono le caratteristiche specifiche / qualità (fisiche e tecniche) che dovrebbero breve un nuotatore gareggia in vasca corta rispetto ad un nuotatore che si approccia a competere in vasca lunga?

Se un atleta è un campione, deve essere bravo in entrambe le vasche. Nella vasca corta gli atleti in grado di compiere ottime virate sono sicuramente agevolati, ma, appunto, solo in questo tipo di vasca. Non si passa alla storia per aver realizzato un tempo da record in una manifestazione in vasca corta.

Ci sono dei “segnali” che fanno capire ad un allenatore che un atleta potrebbe avere un’attitudine / inclinazione maggiore per la vasca corta? Se sì, quali sono, e a che età possono essere riconosciuti?

Nel passaggio dalla scuola nuoto alla crescita agonistica bisogna porre attenzione alle tutte le fasi tecniche, che rappresentano le fasi più sensibili. L’apprendimento dovrebbe finire con l’adolescenza e gli istruttori devono essere bravi ad insegnare la giusta tecnica sin da subito. Correggere movimenti scorretti più avanti con l’età non porterebbe a grandi risultati. Le attitudini, il talento di un atleta poi, non potranno certo essere misurati solo con una vasca corta, anche se la maggior parte delle piscine italiane in cui si allenano gli atleti sono da 25m. È importante quindi permettere agli atleti di misurarsi con vasche lunghe e allenarsi in questi contesti.

Stefano Morini con Gabriele Detti e Gregorio Paltrinieri

Rapportando la vasca lunga con quella corta, cosa può imparare un nuotatore da una competizione in vasca corta? Quali sarebbero, dal tuo punto di vista, i principali risultati da portare a casa? Che ruolo hanno le competizioni in vasca corta nel calendario di una stagione natatoria?

Raggiungere ottimi tempi agonistici nella prima fase della stagione serve a capire se si è in grado di affrontare la stagione stessa fino alla fine. Se un atleta di buon livello inizia il ciclo agonistica senza migliorare i propri tempi, vuol dire che qualcosa non sta funzionando.  I miei atleti, la maggior parte dei quali sono specializzati nelle distanze medio -lunghe, preparano in una vasca lunga anche le gare in vasca corta perché la preferiscono: la vasca da 50m, infatti, permette loro di non interrompere la bracciata, di compiere un ciclo di allenamento con maggiore scioltezza, conservare energie, migliorare l’efficienza in acqua e, quindi, la propria fase di resistenza. Tutti i nuotatori possono avere carenze in qualche aspetto della nuotata; i migliori sanno come poter effettuare i necessari aggiustamenti. In questo senso, l’allenatore deve aiutare l’atleta e motivarlo a mettere in pratica questa convinzione, frutti di anni e anni di esercizio.

In che modo le tattiche di gara differiscono per i vostri nuotatori tra vasca lunga e vasca corta? Sarebbero differenti per le varie discipline che si andrebbero a gareggiare?

Non dovrebbero esserci differenze. La tattica di una gara, come da manuale, dovrebbe essere divisa in quattro fasi: nella prima, cioè in fase di partenza, bisogna essere veloci; nella seconda, bisogna essere più lenti dato che la fase aerobica non può avvenire se non dopo 60’’; nella terza invece si dovrebbe nuotare in progressione; nell’ultima fase si dovrebbe tenere conto del fatto che l’ultima frazione di gara deve essere la più veloce di tutte. Si dovrebbe rispettare la regola dell’1-4-3-2-. Mantenendo questa andatura in una gara e, affinandola nel tempo, si potranno ottenere ottimi risultati. Nel caso di una competizione in vasca corta, in particolare, si potrà dunque testare la propria forza e resistenza e come il proprio fabbisogno energetico condizioni i ritmi di gara, indipendentemente dallo stile. È qui che si distingue la bravura dei nuotatori e si vede la stoffa del campione. Differenze personali potrebbero manifestarsi in relazione alle caratteristiche fisiche dell’atleta, ma questo dovrebbe incidere poco nella tipologia di allenamento, cosi come negli stili per i quali si ha più attitudine. Conta apprendere la tecnica nel migliore dei modi e interiorizzare bene i movimenti più corretti di ogni disciplina. Solo in questo modo sarà possibile raggiungere i propri obiettivi.