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La vestizione

Foto Fabio Ferrari - LaPresse

Prima ancora di acquistarne uno, probabilmente avrete sentito le più svariate storie a riguardo. Racconti che parlano di enormi difficoltà nella vestizione, di sguardi terrorizzati all’idea di doverlo mettere ancora indosso, di momenti in cui l’unico pensiero rimane quello di spogliarsi di quell’indumento così stretto. Ebbene, si stiamo parlando del costumone, vero spauracchio pre-gara per ogni nuotatore.

Sia che siate amanti delle gare in piscina sia che vi riteniate sfegatati nuotatori open water, prima o poi arriverà per voi il momento in cui valuterete l’ipotesi di acquistare un costume da gara, quello che affettuosamente siamo soliti chiamare costumone.
La prima volta in cui presi questa decisione mi recai in un negozio specializzato; mancava circa mezz’ora alla chiusura del punto vendita e la responsabile mi disse che non c’era tempo sufficiente per farmi provare il modello che desideravo: “torna un’altra volta, serve più tempo”. Un po’ seccata e rammaricata decisi di non darmi per vinta e ritornai il giorno successivo, determinata a concludere l’acquisto. La commessa mi prese le misure e poi tirò fuori dalla scatola, un minuscolo e stretto prodotto in cui pensai fosse assolutamente impossibile entrare; “quello è troppo piccolo”, le dissi, e mi rispose: “no, è la tua taglia, deve essere come una seconda pelle”. Impiegai tre quarti d’ora prima che ogni fibra del costumone mi avvolgesse, attanagliandomi come un boa constrictor e facendomi sentire letteralmente sottovuoto. Fui rassicurata nuovamente dalla commessa sulla correttezza della taglia e completai l’acquisto portando via con me il mio nuovo costume da gara. Ero felice, ma non molto consapevole su quanto avrei dovuto affrontare alla successiva gara open water.

Era una domenica di sole e arrivai alla spiaggia già accaldata, ma con il consueto entusiasmo di chi deve gareggiare. Sul lungomare gli altri atleti si stavano già cospargendo di vaselina per evitare le abrasioni durante la competizione, mentre altri erano in coda per poter indossare la propria divisa da competizione in una delle cabine disponibili. Arrivò quindi il mio turno e ben presto mi resi conto di quello che mi attendeva: la vestizione del costumone da sola, al caldo, mentre una fila di accaniti atleti attendeva appena fuori da quella angusta cabina.

Superai anche quella prova ma da allora il mio punto di vista cambiò radicalmente.
Da quel giorno, dopo aver trascorso quarantacinque minuti intrappolata in uno spazio limitato e nella morsa di quello strettissimo indumento, avrei dato un valore diverso agli sguardi disperati delle ragazze nello spogliatoio prima di una gara e impegnate a tirare millimetro dopo millimetro il tessuto del costume sulla propria pelle nel tentativo di indossarlo.

Da quel giorno avrei potuto scambiare sguardi di intesa con chi, come me, nelle gare open water è costretto a vestirsi di un costume così stretto in poco tempo e poco spazio.
Da quel giorno, però, anche un altro fatto era certo: al mio costumone io non avrei più rinunciato!

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