Sappiamo tutto, in linea teorica, di come si nuota veloce: ci informiamo spesso per imparare come andare più forti, come perfezionare la tecnica e come aumentare la sensibilità, ma quello che troppo spesso dimentichiamo è il piacere di nuotare.
Prima di entrare a far parte di una squadra di nuoto le mie giornate in piscina scorrevano lente; mi avvicinavo a bordo vasca con la velocità di una tartaruga, “pucciavo” i piedi in acqua per testare la temperatura dell’acqua e, come se stessi entrando in una vasca termale, passavano circa trenta minuti prima di trovare il coraggio di immergere le spalle in acqua.
Oggi invece arrivo in piscina cinque minuti prima dell’allenamento dopo essere uscita tardi dal lavoro, con la velocità di un ghepardo mi piazzo al blocco di partenza e, dopo l’immediato sollecito del coach, sono costretta a tuffarmi nelle gelide acque della vasca!
Ad ogni allenamento inseguo i miei compagni di corsia, arranco per riuscire a mantenere gli stessi tempi e osservo con sguardo sognante come si snoda l’ora di training di chi non è il più lento della corsia ma il primo della corsia lenta. Riesco ad immaginare la sensazione rilassatante dei piedi che toccano l’acqua a ogni gambata con la tavoletta, la gioia a ogni bracciata a stile senza il pensiero di ripartenze e recuperi e percepisco la libertà di quelli che non sono interessati alla competizione, ma soltanto il piacere di sentirsi scivolare nell’acqua.
Sarebbe bello guidare il “treno” dei compagni e invece, da ultimi della corsia, ci lanciamo in fughe per non perdere il riferimento dei piedi davanti a noi. Eppure questo ruolo ci piace: ci motiva ad andare più forte e ci fornisce un pretesto per non lasciarci impigrire.
A volte, però, è bello ricordarci di quel nuotare lento, di quell’allenamento pigro e senza tempi dove si può davvero assaporare ogni vasca!
In fondo sarebbe bene ricordare che finché nelle competizioni esisterà il cosiddetto premio tartaruga per il meno veloce, anche noi potremo permetterci di essere il più lento della corsia!